Racconti Erotici

IL RISVEGLIO

Ore 6.15. E’ ancora buio. Nel sogno girovaga all’interno di un antico negozio di antiquariato che negli anni ha acquisito l’aria di un bazar. Osserva tessuti colorati, oggetti laccati, lampade e decorazioni che pendono dal soffitto. Esplora incuriosita, il luogo sembra deserto. Tuttavia, man mano che procede, l’atmosfera si fa sempre più onirica, surreale…

Esce dalla fase REM e percepisce il respiro di lui: caldo, forte, a pochi millimetri dal suo collo. Ha la mano dentro le sue mutandine. Due dita dentro aperte a U eseguono lentamente un movimento ampio e circolare, poi su e giù, con morbido vigore. Geme. Evidentemente il corpo l’ha preceduta nel risveglio: è già bagnata.
Con un unico gesto si sfila il sotto del pigiama, poi il sopra. Lui si piega verso di lei, con una mano continua a masturbarla, mentre con la bocca si protende verso i suoi seni e inizia a leccare e succhiarne i capezzoli, sensibilissimi da quando lei ha smesso di allattare.
Con la lingua disegna microcerchi, lanciando a intervalli qua e là piccoli morsi sulle punte, regalandole un brivido di piacere.
Totalmente abbandonata alle sensazioni, pensa che potrebbe venirsene così. Invece resiste, nel tentativo di prolungare al massimo questo stato d’eccitazione. Mentre inarca la schiena assecondando il movimento delle dita di lui ancora dentro, sente premere sulla coscia la sua erezione. Adesso lo vuole. Svincola dalla sua presa e monta sopra lui. Tiene gli occhi chiusi mentre si appiattisce sul suo corpo e inizia a mordicchiargli il collo. Poi si insinua sopra, intorno all’orecchio.
Avverte il membro turgido che preme contro il suo pube. Inizia a struciarsi contro, avanti e indietro, con estrema lentezza. Sente di essere quasi al limite del desiderio e se lo fa scivolare dentro, sedendosi sopra. E’ bollente.
Le mani di lui sui suoi seni palpano, stringono, accarezzano. Sempre a occhi chiusi ne afferra una e si porta un dito in bocca. Lo lecca piano, poi inizia a succhiarlo con vigore, mentre intraprende un movimento lento del bacino attorno al pene. Gli esercizi di Kegel hanno fatto il loro dovere: stringe i muscoli della vagina il più possibile, poi li rilascia. Prosegue per qualche secondo, lui geme, il suo sesso pulsa.
Improvvisamente le afferra i glutei con le mani e la spinge a lato del letto, capovolgendo la situazione. Ora è sopra e la sta penetrando con forza, intensità. Lei è al culmine. Inarca la schiena, stringe le dita dei piedi: un’esplosione di benessere la pervade, diramandosi dal ventre a ogni minuscola altra parte del corpo. Dura pochi secondi ma sufficienti per farla sentire in estasi. Lui si discosta e si mette in ginocchio sul letto. La fissa con desiderio. Lei apre gli occhi, lo scruta nella lieve penombra, l’espressione di placida, intensa soddisfazione. Si protende verso il membro, lo afferra con una mano e inizia a leccarlo. Dalla base fino alla punta e viceversa. Poi schiude le labbra, lo prende in bocca e prosegue con lo stesso movimento, su e giù, su e giù, prima con delicatezza poi con sempre maggiore intensità. Lo percepisce ancora più gonfio, pronto. Si interrompe. Le pareti della sua bocca adesso stringono, la lingua si muove vorticosamente attorno al prepuzio. Lui le afferra i capelli, con la mano le spinge ancora più in avanti la testa, mentre si lascia travolgere dall’onda di piacere che esplode in lui, dentro lei.

Ore 6.58. Allunga una mano e blocca la sveglia prima che suoni. Vuole godersi ancora qualche minuto di tepore, assaporare il senso di benessere che la pervade… Pensa a lui, alla capacità che ha di accenderla, farle venire i brividi, esaltare i suoi punti erogeni, portarla su vette di ineffabile piacere. Pensa che è una donna fortunata ad avere un amante così. E ad averlo sposato, più di vent’anni prima.

 

PROIBITO TOCCARE (capitolo 1)

E quindi, il nostro bel dottorino te lo sei portato a letto?»
«Non esattamente»
«L’hai detto tu che l’altra sera avete fatto sesso»
«Sì, ma non è stato sesso in senso canonico. E soprattutto non è “il nostro bel dottorino”. Semmai, il mio nuovo amante»
«Pardon, madame! Però adesso mi spieghi come si fa a fare sesso in modo “non canonico”»
«Si fa che dopo la cena giapponese l’ho invitato ad ascoltare un po’ di musica da me»
«Okay, ma fin qui è la solita routine…»
«Eravamo divertiti, euforici, lui ancora troppo “ingessato” per i miei gusti. Così, mi è venuta voglia di provocarlo»
«Ahia…»
«Accendo lo stereo, seleziono i Black Keys e ci sediamo sul divano a bere qualcosa. Mentre parliamo inizio a giocare con la lingua intorno al bicchiere. Sembra in imbarazzo, sfuggente, allora smetto. Invece lui mi fissa e dice: “Continua”. Allora mi è venuta un’idea, volevo farlo soffrire un po’: avevo dovuto aspettare davvero troppo per quel primo appuntamento!»
«Lasciami immaginare… Qual è stato il tocco di stile?»
«Ero senza reggiseno e mi sono sbottonata la camicetta. L’ho aperta fino a lasciargli intravvedere i seni. Poi ho bagnato le dita dentro la sua vodka e ho iniziato ad accarezzarmi i capezzoli, con movimenti lenti e circolari, lenti e circolari, lenti e circolari…»
«Figo! L’hai letto sul Blog delle Casalinghe Disperate?»
«Ma tu sei la mia migliore amica o COSA?»
«COSA»
«Che simpatia… Insomma, sento i capezzoli duri, comincio a eccitarmi e vado oltre: mi sfilo la gonna, resto con le mutandine, metto una mano dentro e mi accarezzo delicatamente. Continuo per qualche minuto, lui non mi toglie gli occhi di dosso, vedo trasformarsi la sua espressione divertita a una più intensa, di eccitazione… A quel punto, si sbottona la camicia, si avvicina e mi sfiora le cosce. Io gli blocco le mani e lo obbligo a restare fermo. Mi alzo un attimo e dal cassetto dello scrittoio tiro fuori il mio “compagno di letto”»
«Beh, geniale! Sei con un uomo vero e tu punti sul surrogato… Mi sembra notevole come incoraggiamento!»
«Certo che non hai proprio fantasia! È un gioco erotico e agli uomini piace. Ah già, dimenticavo: tu non sei un uomo»
«In compenso sono curiosa come una donna. Vai avanti»
«Ritorno sul divano, mi tolgo le mutandine e resto soltanto con le décolletées. A quel punto lui si è già tolto la camicia, le scarpe e sta per sfilarsi i pantaloni. Gli faccio cenno di sedersi, mi ignora e mi avvicina a sé mettendomi le mani sul sedere. Ho una tremenda voglia di lui, eppure gli dico che NO, NON PUO’ toccarmi: deve limitarsi a guardare. Resta spiazzato, non sembra convinto, però ubbidisce e torna a sedersi incuriosito. Questa volta mi metto di fronte a lui, tolgo i bicchieri dal tavolino e mi siedo lì sopra. Apro leggermente le gambe e comincio a leccare lo strumento, prima da un lato, poi dall’altro. Lo metto in bocca e ci gioco un po’ con la lingua. Lui comincia a “guidare” i miei movimenti dicendomi cosa fare, come muovermi e nel frattempo inizia ad accarezzarsi i genitali. Lo zittisco subito: NON PUO’ dirmi cosa devo fare»
«Brava amica! È importante in una relazione mettere in chiaro subito come stanno le cose…»
«Riprendo a giocare con il mio oggetto di piacere. Lui si infila la mano nei pantaloni, dice che lo sto eccitando troppo e ha voglia di “conoscermi meglio”. Allungo una gamba e affondo leggermente il tacco della décolletée sulla mano nei pantaloni. Rispondo che c’è una condizione perché io continui a fare ciò che sto facendo, ovvero che lui stia in silenzio e fermo. Può solamente osservare il mio piacere».
«E tu vuoi farmi credere che lui ti ha assecondato in questo folle piano erotico?»
«All’inizio mi ha guardato con un’espressione abbastanza frustrata… Ma poi è stato al gioco!»
«Del resto, Dio li fa e poi li accoppia…»
«Allora si è ricomposto e ha iniziato a fissarmi. Io riprendo il mio compagno di giochi e comincio a masturbarmi penetrando a fondo, con un movimento lento e costante. Vado avanti qualche minuto, sento il respiro pesante di lui che nel frattempo si versa un altro goccio di vodka. La situazione mi piace, mi eccita tantissimo quello sguardo “immobile” su di me, la sua sofferta costrizione, questa dolce tortura reciproca… Proseguo finché non arrivo al culmine del mio piacere, con un’esplosione di sensazioni che parte dal ventre e si irradia su tutto il corpo. Resto immobile per qualche secondo e assaporo fino in fondo l’intenso benessere. Poi apro gli occhi e lo vedo lì, lo sguardo di fuoco, un’erezione pazzesca. Immagino di prenderglielo in bocca, succhiarlo per bene e scoprire il suo sapore... Invece mi alzo, lui si alza, si avvicina, io raccolgo le sue scarpe di squisita manifattura inglese e gli ordino di rimettersele. Esegue lentamente, a fatica. Solleva gli occhi verso l’alto mentre è ancora chino sul pavimento e intercetta i miei. I nostri sguardi si fondono in un lungo, intenso, appassionato, sensuale, dolcissimo e perverso abbraccio»
«Davvero affascinante… E dopo?».
«L’ho ringraziato per la piacevole compagnia e gli ho detto che poteva tornare a casa»
«No scusa, fammi capire. Hai costretto l’illustre psichiatra – alias tuo nuovo amante - a passare tutto il resto della serata, probabilmente anche della notte, a masturbarsi ripensando a te e a tutto quello che avrebbe potuto fare, come uno sfigato qualunque?»
«Dici che ho esagerato con lui?»
«Dico che ho per migliore amica un’autentica sadica!»
«Appunto».


PECCATI DI GOLA (capitolo 2)

«Dai, proviamo questa nuova pasticceria…»«Quando la smetterai di coinvolgermi in questi tête-à-tête ipercalorici? Ti pare normale che io debba ascoltare le tue storie erotiche mentre fagociti una Saint Honoré o una Milllefoglie? »
«Intanto io non “fagocito”, semmai assaporo, degusto, esploro nuove frontiere culinarie. E poi mi hanno detto che qui preparano una Sacher insuperabile…»
«Uh, quanto sei upper class! Un aperitivo allo skybar, no?»
«Uh, quanto sei cliché… Hai mai provato il brivido di uscire una volta tanto dagli schemi?».
«Beh, quello lo lascio al tuo bel dottorino, piuttosto…».
«Ed è proprio grazie a lui che “continua a esserci vita su questo pianeta”!».
«Mi stai dicendo che il rinomato psichiatra questa storia con te la sta prendendo sul serio? »
«Diciamo che si è creato un certo feeling»
«Capisco, sei il nuovo “caso umano” che sta studiando»
«La tua sensibilità, a volte, è davvero commovente»
«E non oso immaginare a quale ennesimo supplizio tu abbia potuto sottoporre quel pover’uomo!».
«Nulla di inaffrontabile, tranquilla. Tre giorni fa era in partenza per Berlino e così, la mattina presto, ho pensato di passare dal suo studio per offrirgli “la colazione”».
«Gentile da parte tua».
«Sono arrivata dieci minuti prima che lo venissero a prendere per l’aeroporto. Quando mi ha aperto la porta è rimasto piacevolmente sorpreso! Ci siamo baciati con passione, poi l’ho guardato negli occhi e gli ho detto che ero “molto affamata” e che gli davo cinque minuti per “saziarmi” a dovere».
«Non ti ha risposto che in quel preciso momento, in quella precisa situazione eri forse un tantino “inopportuna”?».
«Niente affatto! Prima mi ha lanciato un’occhiata fra l’imbarazzato e l’eccitato, poi ha sfoggiato il suo solito affascinante sorriso e mi ha sfilato il trench. Ha messo le mani sui miei fianchi, sollevato il tubino nero di pelle, verificato che fossi senza mutandine e…»
«… si è slacciato la cintura dei pantaloni».
«Indovina? Ce l’aveva già duro! Mi ha sollevata per le cosce, infilandomi la lingua in bocca. Poi mi ha spinta con la schiena contro la parete e lì ha iniziato a penetrarmi con un vigore pazzesco!».
«Eccezionale…».
«Del resto, quando c’è il contesto giusto l’eros si scatena...»
«Intendevo, eccezionale questa Sacher. Avevi proprio ragione!»
«…».
«Scusa, dicevi? Ah, sì! Lui ti prende e ti scopa contro il muro. E quanto ci hai messo a venirtene? Due, tre minuti?».
«Considerato che ero già notevolmente eccitata anche meno!»
«Figo»
«Poi molla la presa e questa volta sono io a spingerlo contro la parete. Mi inginocchio e glielo prendo in bocca: ce l’ha durissimo, bollente, un’eccitazione pazzesca! Penso: “Ma davvero gli faccio questo effetto”? Inizio a succhiarlo avanti e indietro, avanti e indietro, prima con delicatezza poi con sempre maggiore intensità. Lo percepisco sempre più gonfio, pronto, allora mi interrompo. Le pareti della mia bocca iniziano a stringere, muovo la lingua vorticosamente attorno al prepuzio e lui mi afferra i capelli. Con la mano spinge in avanti la testa, finché l’onda del suo piacere mi esplode fra le labbra... È la prima volta che glielo succhio, lo assaporo un po’, prima di ingoiare tutto avidamente. Poi, sollevo gli occhi verso di lui, mi sta guardando con appassionata eccitazione. Accenna un dolce sorriso e mi dice “Oggi toccava a me offrire la colazione…”».
«Wow, hai mai pensato di smettere di fare la cacciatrice di teste e iniziare una carriera da sceneggiatrice porno? Secondo me hai un talento naturale!».
«… Il giorno dopo mi ha mandato al lavoro un’orchidea. Un’orchidea, capisci? Il fiore più prezioso, simbolo di fecondità, armonia, perfezione spirituale. E in mezzo c’era un bigliettino:“Grazie” ».
«Sbaglio o sei particolarmente coinvolta? ».
«Lo sai cosa scriveva Charles Bukowski, no? “La testa bisogna essere in due a perderla. Altrimenti diventa un’esecuzione”».

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LA STANZA OSCURA (capitolo 1)

“Adesso voglio mostrarti qualcosa”. Dietro alla maschera la voce di lui riecheggiava profonda, suadente, sorprendentemente calda. Era un concreto punto di riferimento in quell’oscurità semitotale che le permetteva di percepire soltanto vaghe ombre. Un solido appiglio a cui aggrapparsi in quella nudità fisica che la faceva sentire libera, voluttuosa, eppure così indifesa e vulnerabile... 

Con un gesto secco le afferrò le mani, le portò dietro la schiena e le legò i polsi a una colonna del letto.
Avvertì la legatura strettissima che le bloccava braccia e spalle, un lieve dolore la spingeva al lamento, ma non osò fiatare. Lui si allontanò. Poteva sentirlo muoversi in modo disinvolto dentro la stanza, rovistare in quello che suppose fosse un armadio, percepire il tepore del suo corpo quando ritornò nuovamente verso di lei. Ora era vicinissimo, silenzioso. Scorse a malapena i contorni di quel volto coperto che la stava fissando. Fu una frazione di secondo, un istante quasi impercettibile in cui le sembrò di vedere qualcosa nel buio, di scorgere in quello sguardo un bagliore, una piccola luce riflessa.
Il cuore accelerò improvvisamente, le mani iniziarono a sudare, la schiena fu percorsa da brividi. Sentì i capezzoli indurirsi, in una strana miscela di paura ed eccitazione.

Durò soltanto un minuto, eppure le parve un’attesa infinita. Sufficiente per riportarle alla mente le sue emozioni spente degli ultimi tempi, l’assenza di pienezza, la perdita di luce, di calore e quella pesante sensazione che la rendeva come “sospesa sul nulla”. Qualcosa stava cambiando dentro di lei?
I pensieri si dileguarono appena lui la sfiorò. Un oggetto circolare scorreva sulla sua pelle. Con un tocco delicato ma deciso scivolò dalle cosce fin sopra le sue spalle e viceversa, in una sorta di massaggio intorno al corpo che su di lei agì da panacea contro il turbamento.

Si interruppe qualche secondo e le lasciò il tempo di assaporare quella piacevolissima sensazione di calore che il massaggio aveva generato. Poi continuò, questa volta dal collo fin sopra al viso. L’oggetto raggiunse le labbra e fu lì che lei percepì il sapore del cuoio e riconobbe l’impugnatura di una frusta. Le sfuggì un gemito che invase l’oscurità.
Aveva iniziato dai seni, con piccoli colpi cadenzati. Aveva poi proseguito più lievemente sul ventre e ancora lungo i fianchi, con dolce fermezza. Ma era stato sulle cosce e il loro interno che aveva  concentrato l’energia, con colpi secchi e ravvicinati.
Il formicolio sulla pelle di lei era passato da un’intensità lieve a più forte. Dappertutto, adesso, avvertiva un senso di bruciore, ma tra le gambe era tutto un fuoco. Una sensazione dolorosa eppure dolce, amara ma inaspettatamente piacevole. Nulla, del resto,  a confronto con certe ferite interiori che si portava dentro. Il dolore non le incuteva paura. La faceva sentire “viva”, presente alla sua vita, motivata a reagire.
Lui si protese improvvisamente su di lei. Adesso le era addosso, il torace umido premeva sui seni, le sue labbra gonfie sul collo sfiorarono la pelle profumata fino a trasformarsi in un lungo, tenero, appassionato morso.

Ora lei poteva sentire il suo odore. Aspro, avvolgente, tremendamente inebriante. Fu allora che tutti i sensi  del suo corpo si concentrarono in un’unica, incontenibile esplosione di piacere. In quel preciso momento capì che nulla sarebbe stato più come prima e che non avrebbe più potuto farne a meno a lui.
“Chi… chi sei?” stentò a domandare.
Lui lasciò la presa, si avvicinò all’orecchio e sommessamente le sussurrò:  Io Sono Il Tuo Signore”.

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MASSAGGI INTERIORI (capitolo 2)

Si era addormentata. Quanto tempo era passato? Un'ora, forse due? Era distesa sul letto supina, nuda. Poco alla volta ricordò perché si trovava lì e quella folle, eccitante esperienza che aveva avuto con lui. I brividi, la voluttà, il dolore provato in precedenza adesso erano spariti. Si sentiva profondamente rilassata e inaspettatamente serena, come se un'improvvisa tempesta di vento avesse spazzato via dubbi e paure.

Nella stanza oscura c'era adesso un debole luce. Una candela ardeva in un angolo sopra un antico scrittoio. Poteva finalmente intravvedere i contorni del luogo in cui si trovava: una grande, lussuosa camera con letto a baldacchino e splendidi pezzi di arredamento d'antan. L'aria pervasa da un profumo dolce e speziato rendeva il tutto piacevolmente inebriante...

Percepì le mani di lui sul corpo. Calde, vigorose, con un tocco sensuale e delicatissimo. Erano davvero quelle stesse che con tanta energia e determinazione avevano impugnato una frusta?
Le dita di lui si spostavano su e giù lungo le sue gambe, il massaggio era lento e costante, partiva dalla punta dei piedi soffermandosi a lungo in una frizione plantare e risalendo poi fino a sopra l'inguine. Sensazione sublime...
All'improvviso si allontanò, prese la candela e la poggiò sul comodino vicino al letto. Con un gesto disinvolto si rovesciò parte del liquido ardente su di un palmo, ne distribuì un po' sull'altro e le poggiò le mani bollenti sul ventre. Fermo, ai piedi del letto, riprese il massaggio con quell'olio caldo e profumatissimo, mentre lei - a occhi chiusi - gli si abbandonò ancora una volta, pervasa da nuove, intense sensazioni.

Man mano che il massaggio procedeva, si estendeva alla vita, ai fianchi, all'ombelico e poi ancora più giù, soffermandosi sulla parte interna delle cosce.
Risalì di qualche centimetro e con i pollici le sfiorò il pube. Fu a quel punto che le aprì leggermente le gambe, facendo una cosa che su di lei ebbe l'effetto di una dolce tortura: afferrò piccoli ciuffi di pelo pubico e con entrambe le mani li tirò con delicatezza, partendo da quelli più in alto e scendendo sotto, lungo le grandi labbra.

Dopo, chiudendo una mano a conca, andò a versarsi un po' di olio sul palmo e lo fece colare lentamente sopra il clitoride e sulla zona circostante. Fu un caldo brivido di piacere.
Quasi si trattasse di piccoli morsi sulla bocca, tirò delicatamente le grandi labbra verso l'esterno, pizzicandole una alla volta e lasciandole andare. Con le dita intrise di olio le sfiorò la punta del clitoride, massaggiandolo lentamente dal basso verso l'alto e poi viceversa, in un movimento leggero e continuo.

Occhi chiusi, totalmente abbandonata ancora una volta a quest’audace esperienza, si sentiva in preda a un'eccitazione crescente, dalle dita dei piedi fino alla punta dei capelli; iniziò lentamente a muovere il bacino, assecondando il movimento della mano di lui. Adesso lo immaginava su di sé, eccitato, pronto a farla volare...
Invece lui smise improvvisamente di accarezzarla, le afferrò i fianchi con le mani e bloccò quella sua estemporanea danza del ventre: "NON TI MUOVERE".
Obbedì e restò immobile giusto il tempo per far sì che l'ascesa del suo piacere si arrestasse.
Poi lui salì sul letto e andò a mettersi in ginocchio dietro di lei, accanto alla spalliera. Fu in quel momento che, muovendo la testa all'indietro lei riuscì a intercettare i suoi occhi plumbei. Provò dei nuovi brividi...
Aveva sempre il volto coperto da una maschera scura, l’ampio torace nudo, lucido. Le sollevò la nuca e le poggiò delicatamente la testa sulle proprie cosce. Non ebbe difficoltà a percepire la sua grossa erezione…
Adesso aveva poggiato le calde mani sul suo seno. Lo massaggiava delicatamente, avanti e indietro, sfiorandone i lati, disegnandone i contorni con le dita.

Per anni lei aveva detestato i suoi seni. Li considerava troppo piccoli, senza forma, privi di sensualità. Con il tempo, però, aveva imparato a conoscerli, scoprendone il forte potenziale erotico. Merito di quelle medesime sensazioni che adesso - uno sconosciuto - stava prepotentemente risvegliando in lei...
Lui continuò appoggiando le mani sulla parte laterale dei seni e iniziò un lievissimo massaggio. Proseguì per un po', infine si concentrò sui capezzoli. Con la punta dell'indice e del pollice ben intrisa di olio profumato li pizzicò leggermente uno alla volta, muovendo le dita dal basso verso l'alto.

I brividi si susseguirono a lungo, coinvolgendo tutte le parti del corpo e dell'anima. Calore, eccitazione, sussulti, stupore... Sì, stupore. Per l'intensità di quell'esperienza, le sensazioni inattese e contraddittorie, il piacere che ne stava derivando. Era lì per cercare un'emozione forte, stava riscoprendo invece una parte di sé che credeva perduta.

Merito di lui? Concentrata sul piacere, al culmine del desiderio, in una nuova, perfetta estasi, si sollevò di scatto, girò la testa verso di lui e si addentrò con coraggio nel buio di quegli occhi.

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