martedì 3 giugno 2014

Betony Vernon: «Cos'è il sesso senza l'amore?»

Da celebre designer di erotic jewels a neoscultrice di opere monumentali per la Fondazione Henraux. Ora l'eclettica artista si prepara per una nuova sfida creativa: il suo primo libro. Una Bibbia del piacere... 

Il fascino non è un semplice fatto estetico. Nasce e si sviluppa come caratteristica nutrita da componenti emozionali, psicologiche, comportamentali. È carisma che conquista, forza che seduce, potere che ammalia. Il fascino, nella sua autenticità, non può essere disgiunto da quello che è il suo motore intrinseco: lo stile. Poche volte, nella vita, succede di incontrare persone, donne dotate di tale peculiarità. Una di queste si chiama Betony Vernon.
Sex jewel designer (i suoi celebri bijoux erotici sono stati indossati anche da star del cinema hollywoodiano), love & pleasure educator (ha collaborato con emittenti televisive internazionali e tenuto workshop sul tema sul piacere), scrittrice erotica (ha appena ultimato la stesura del suo primo libro: The Boudoir Bible, la Bibbia del Boudoir, che sarà pubblicata da Rizzoli International nel febbraio 2013), creativa dell'arte che interpreta il piacere a tutto tondo, Betony Vernon, nata in Virginia 44 anni fa e cresciuta artisticamente fra gli Stati Uniti e l'Europa, si cimenta in un nuovo percorso artistico, che l'ha portata a collaborare con la Fondazione Henraux, nome storico nella lavorazione del marmo toscano, per la realizzazione di due opere: la Origin Chair ( una "seduta d'amore" dedicata agli amanti, replicata in limited edition) e la maxi scultura di tre metri Origin, un "portale" che si attraversa fisicamente e che mette in comunicazione l'anima del mondo con ciò che è eterno, infinito, universale.
Entrambi i lavori si potranno ammirare fino al 10 marzo, insieme a una selezione dei suoi più celebri sex jewels, alla Triennale di Milano, in occasione della mostra Kama, Sesso e Design che pone in luce modi, forme e strategie con cui la sessualità si incorpora nelle cose e dà loro nuova vita.


Com'è stato lavorare con il marmo, un materiale nuovo rispetto ai metalli e con cui non ti eri mai confrontata?

«In realtà, già da bambina mi cimentavo nella lavorazione del legno: non c'è materiale che non mi attiri, che non mi affascini!  La cosa bella del nuovo progetto è che il marmo su questa scala ha dato vita a un lavoro molto interessante: è infatti la prima volta che realizzo un oggetto monumentale.
Il marmo è un materiale nobile, arriva dalla terra esattamente come l'oro e l'argento, ed è iper raffinato. In più, è duttile. In Toscana ho avuto l'onore di lavorare insieme al maestro Renzo Maggi, che mi ha insegnato a scalpellarlo, trattarlo, limarlo. Ho scoperto che il marmo è molto più dolce del metallo: passare da un bijoux di pochi centimetri a un oggetto di tre metri è stato super eccitante! Ora mi sento addosso una sorta di virus del metallo!».


Da dove è scaturito il tema dell'Origine?

«Ho avuto una sorta di flash. Una visione davvero molto chiara, che poi ho cominciato a portare sulla materia per capire se potesse funzionare anche come autentico oggetto di design».

Origin è stata definita una sorta di "porta" che mette in relazione l'anima del mondo con ciò che è eterno. In che senso?
«È stata un'intuizione della curatrice della mostra della Triennale. Ha visto l'opera e ha esclamato : "questo è un portale, questa è l'essenza dell'origine di quello che è il principio". Maschio e femmina uniti insieme; Origin esprime infatti un'idea di continuità, rappresenta il gesto dell'infinito, com'è appunto l'atto del fare l'amore».

L'amore, appunto. Che per tua definizione rappresenta la massima forza…

«Viviamo in un'epoca in cui parliamo sempre di sesso, però cos'è il sesso senza l'amore? Il sesso alla fine lascia un senso di vuoto se non è fatto con il giusto grado di intimità e di cura per la persona amata, per la persona che condivide questa unione che è, in assoluto, l'unione di tutte le unioni. Penso, in generale, che se facciamo le cose con amore, l'amore torni. Credo molto in questa forza: è generosa. E mi riferisco all'amore in senso universale, valido anche nei confronti della terra, della natura».

Non per niente, oggi, l'espressione "fare sesso" sembra aver soppiantato il più classico "fare l'amore"….
«Fare sesso è una cosa, fare l'amore un'altra. Ci sono l'amante e il sex friend, l'amico di letto. Il sesso di oggi non è più un tabù, ma è stato in parte svuotato del suo significato. Viene banalmente usato per vendere le cose più improbabili e distanti anni luce dalla sfera erotica».

Il tema del piacere è dominante nella tua produzione artistica. Perché è importante vivere bene il piacere?
«Il piacere è fondamentale in generale. E mi riferisco al piacere erotico, come a quello legato al cibo. Che cosa può distruggere una serata? Una cena mediocre così come un eros mediocre. Il rapporto fra un uomo e una donna, un uomo e un uomo o una donna e una donna, indipendentemente dalla relazione sessuale,  è comunque tenuto insieme dal piacere condiviso. Diversamente, il rapporto è malsano.  Il piacere dei sensi, pertanto, è un godimento importante. Nel mio caso, è il motore di tutto ciò che faccio e la mia missione è anche "scalpellarne" i tabù».

Proprio all'esperienza del piacere è dedicato il tuo primo libro, The Boudoir Bible, la Bibbia del Boudoir
«È  un libro sulla vera scoperta del nostro piacere: tutto fuorché "sfumature di grigio"! Non è una storiella, ma ciò che realmente si cerca per vivere bene l'erotismo. Molto spazio è dedicato anche agli "attrezzi", una selezione di strumenti che non definisco sex toys, perché la parola toys, giochi, indica qualcosa che dopo un po' finirà con l'annoiarti e che possibilmente butterai via. L'attrezzatura, invece, no.  The Boudoir Bible aiuta a conoscere intimamente il corpo per fare bene l'amore e incrementarne il piacere. Se non si conosce il corpo non se ne può trarre il massimo. Un po' come quando prendo la macchina per andare dal punto A al punto B: senza la cartina o il GPS, mi perdo! Si può desiderare di fare l'amore e inoltrarsi in questo mondo, di viaggiare nel piacere… Ma se non si possiede una conoscenza adeguata della geografia del corpo sessuale, come ci si arriva?».

Sex jewel designer, scultrice, scrittrice: è vero che il proprio patrimonio creativo può essere espresso in tanti modi e attraverso mezzi e linguaggi diversi…

«Nel lavoro c'è sempre qualcosa di nuovo. La vera sfida di una persona creativa è non arrivare al classico punto in cui ci si "incolla" e non c'è più evoluzione nel percorso artistico. Succede, a volte, quando ci si ritrova "fissi" in un momento di successo e si asseconda il mercato che ti dice di ripetere sempre quella stessa cosa.  A me capita spesso  di lavorare attraverso dei flash, delle intuizioni. Così è successo con Origin: ero in Versilia, al primo incontro con Paolo Carli. Si parlava di una collaborazione con la Fondazione Henraux e l'idea mi entusiasmava moltissimo. A un certo punto, guardando il mare, ho avuto una visione: l'immagine di quell'oggetto che sarebbe diventato appunto The Origin, ma al momento non capivo quanto e come sarebbe potuto diventare una cosa reale.  A distanza di appena una settimana sono stata contattata dalla Triennale di Milano per la mostra su eros e design e tutto si è concretizzato in pochissimo tempo. A dimostrazione del fatto che, me lo ripeto spesso, niente nella vita succede a caso».

(Pubblicato su Style.it, 2013. Foto: Betony Vernon ritratta da Lara Giliberto)

lunedì 17 febbraio 2014

Adolescenti interrotte: il diario erotico di Bruna

Le memorie sessuali di una liceale in un libro che ha scandalizzato il Brasile. A tu per tu con Bruna Surfistinha, la surfista dell'eros che racconta i retroscena della sua storia


Dal blog al libro
 Brasiliana, 22 anni, genitori della San Paolo bene ed ex ragazza squillo. Bruna Surfistinha, nome d’arte di Raquel Pacheco, è l’autrice di uno dei casi editoriali degli ultimi anni. In Brasile il suo libro di memorie hard Il dolce veleno dello Scorpione (edito in Italia da Sonzogno) è stato per otto mesi nella lista dei Best Sellers e presto ne faranno un film. «È stato un successo inatteso», dice l’autrice. «Non pensavo che la gente potesse interessarsi a una storia come la mia. Il Brasile è un Paese molto meno liberale di quanto si possa pensare…». Eppure nel suo “diario di una liceale brasiliana”, nato in origine come blog (www.brunasurfistinha.com) Bruna racconta, senza reticenze, i risvolti più piccanti della vita condotta tra i 17 e i 20 anni, quando, fuggita da casa per ribellarsi a un’educazione iper rigida, ha cominciato a mantenersi facendo la "garota de programa", come chiamano in Brasile le prostitute d’alto bordo.

 Le sue confessioni ardite hanno suscitato scalpore e conquistato popolarità…
«Immagino sia successo perché in Brasile nessuna prostituta, prima d’ora, aveva pensato di raccontare la sua vita, i suoi incontri, la sua “routine” quotidiana», spiega Bruna. «La gente è curiosa di sapere cosa succede nella vita di una prostituta. Anche chi condanna e ha pregiudizi vuole comunque essere al corrente. E poi, c’è da dire che il sesso è un argomento che riguarda tutti, indipendentemente dalla classe sociale, dalle religione e dalle situazioni personali».

Prostituta per sentirsi libera. Paradossalmente è stato così?
«Bisogna dire che si guadagnano molti più soldi rispetto ad altri lavori e non è necessario avere una laurea o conoscenze specifiche. Di fatto, esiste quindi la libertà di prostituirsi di punto in bianco, senza passare attraverso esami o concorsi. Ma si tratta di una libertà illusoria, perché si è comunque facile preda dei “protettori” ».

Insomma, non è stata una scelta felice. Si è mai pentita?
«Ho lasciato la casa dei miei genitori cercando la libertà, ma non l’ho trovata. La prostituzione è una libertà che ha sempre il risvolto di una prigione: si pensa che prima o poi si smetterà, ma sono davvero poche le donne che riescono a uscire dal giro. Tuttavia non mi sono mai pentita di essere stata una prostituta, anche se ho attraversato momenti difficili. Certo, ciò non significa che io ne sia orgogliosa, che lo trovi giusto o che incentivi altre a farlo: se così fosse non avrei mai avuto il desiderio di smettere e di condurre una vita normale. Parlerei di pentimento solo ripensando alla mia fuga da casa. In quel caso sì che mi sono pentita: avrei preferito andarmene in modo diverso».

Ne è uscita perché è stata fortunata o determinata?
«La mia è stata una decisione ponderata. Ho smesso di prostituirmi nell’ottobre del 2005, ma già all’inizio di quell’anno sapevo che sarebbe stato l’ultimo. Ho puntato moltissimo sul lavoro, con l’intento di mettere da parte abbastanza denaro per pagare le bollette in attesa di un nuovo lavoro. Il destino, poi, ha voluto che nel frattempo conoscessi anche Pedro, il mio attuale ragazzo».

Ha smesso per lui?
«No, ero già decisa a farlo indipendentemente da lui. Certo, il fatto di averlo conosciuto ha agevolato la scelta e se c’era qualche dubbio è stato cancellato del tutto. Volevo vivere un rapporto stabile, essere amata, capire che cosa volesse dire una storia a due».

Le è mai capitato di innamorarsi di un cliente?

«Il mio fidanzato è stato un mio cliente. Siamo usciti sette volte insieme, poi siamo diventati amici e poi ci siamo innamorati. All’inizio, però, è capitato anche con altri. Probabilmente succedeva per una forte carenza affettiva: negli uomini cercavo amore, attenzioni, qualcosa di più. Speravo sempre che qualcuno “mi salvasse”. Ma sono cose da film, anche se tutte le prostitute le sognano. Ricordo un episodio in particolare, in una “casa chiusa”. C’era un cliente che mi piaceva tantissimo, ma un giorno lui è arrivato e ha scelto la mia amica. Sono rimasta malissimo, ho pianto tanto, ma da quel momento ho deciso di lavorare solo per i soldi. Ho messo da parte i sentimenti di Raquel ed è entrata in scena Bruna, una vera professionista. Avevo capito che gli uomini non erano lì per dare affetto, ma solo per soddisfarsi sessualmente».

Come l’hanno presa i suoi genitori?
«Certe mie scelte sono state la reazione all’educazione rigida che ho ricevuto. Mio padre è un uomo pieno di pregiudizi nei confronti della prostituzione. Mi ha sempre tenuta molto a freno e in un certo senso ho voluto vendicarmi. Litigavamo sempre e l’ultimo litigio mi ha ferita tantissimo. È stata quella la goccia che ha fatto traboccare il vaso…».

In che rapporti siete adesso?
«Sono passati cinque anni dall’ultima volta che ci siamo visti e da tre anni non ci sentiamo neanche per telefono. L’unico contatto che ho è con un cugino, dal quale ho saputo che mio padre non mi ha ancora perdonata per quello che ho fatto. Mia madre invece sì, ma vuole rispettare le idee di mio padre e lasciare a lui la scelta di una eventuale riconciliazione».

(Pubblicato su Style.it, 2007)

venerdì 14 febbraio 2014

Princess Spider: «Dopo i giochi sadomaso mi rilasso con Fellini»

Stivali con tacchi a spillo e tute in pelle, location segrete di lusso e feste private. Dopo il successo della serie televisiva Dominatrix reloaded, la "dominatrice" per eccellenza della scena fetish inglese racconta in un libro le sue esperienze. E a noi rivela che... 


Guru del feticismo
La sua specialità è la frusta. Con la quale umilia e punisce gli schiavi che hanno l’onore (e il piacere) di condividere con lei giochi erotici altamente trasgressivi. Princess Spider (la cui vera identità non sveliamo) è una delle Dominatrici più celebri della scena sadomaso inglese. L'apice del successo l'ha raggiunto con la serie ideata per Sky Tv dal titolo Dominatrix Reloaded, in cui dava consigli alle coppie che vogliono sperimentare il lato sensuale del BDSM, Bondage & Domination, Sadism & Masochism. Adesso, in Italia, esce il suo libro di memorie Esperienze di una Dominatrice (edizioni Tea). Le abbiamo chiesto di rivelarci qualche retroscena…

Giochi di potere
«Passione, potere e seduzione sono dentro ciascuno di noi. Il punto è saper aprire questa porta segreta… Io ho trovato la chiave d’accesso nel corso delle mie sperimentazioni erotiche e grazie alla voglia di esplorare le fantasie sessuali altrui. Adesso è come se avessi il potere invisibile di leggere nell’anima e nella mente delle persone».

Il piacere di Dominare
«La serenità che il ruolo di Dominatrice ha portato nella mia vita è inimmaginabile. Ho incontrato personaggi fantastici e umorismo e soddisfazione sono sempre stati all’ordine del giorno. Posso dire che la mia vita è cambiata in meglio: oggi vivo tutto con molta più passione. Mi sento più forte fisicamente e sono diventata anche più saggia, grazie ai viaggi per il mondo e alle amicizie personali nate in queste occasioni. Nella mia vita di Dominatrice, padrona e amante ho scoperto la mia vera natura sessuale e sensuale».

Identikit dello schiavo
«In realtà non esiste uno schiavo “tipo”, ma un’ampia varietà di individui che si avventurano nel BDSM o nei giochi fetish. Uomini, donne, trans… ho avuto a che fare con persone di tutti i generi, dalla donna single al grande manager. Il bello è proprio questo: ogni schiavo è diverso, ha un proprio menu di desideri. E che si tratti di novizi alla prima esperienza o veterani, io li adoro comunque».

Fetish per lui e per lei
«Con una schiava, il gioco si fa più sexy: si fatica di più per sviluppare la loro vulnerabilità. Gli uomini, invece, sono più fedeli e camminerebbero sul vetro con più facilità se lo chiedessi loro. In questi incontri non c’è contatto sessuale e tutto si gioca tra la mia “severità” e la loro capacità di ubbidire e guadagnarsi il sollievo. In genere, domino gli uomini in location simili a prigioni, le donne invece nei club, perché preferiscono “avere un pubblico” e protrarre il più possibile la loro sottomissione».

Dietro il successo, l’empatia
«La mia più grande abilità? Ascoltare e capire i clienti. Sforzarmi di accontentarne bisogni e fantasie. Attraverso i programmi radio e tv, poi, ho sempre cercato di raccontare il mio mondo alla gente comune, a coloro che non si sono mai avvicinati al BDSM, pur essendo curiosi di imparare o anche solo scoprire che cosa fa scattare i nostri interruttori del piacere. Credo che sia questo (unito all’esperienza) il segreto della mia celebrità».

Performance audaci
«Una volta un cliente mi ha chiesto di essere riempito di aghi su tutto il viso. Era una sua fantasia ricorrente e ha voluto metterla in pratica. Ma non ha resistito a lungo e io stessa mi dicevo che non avrei ripetuto quell’esperienza per niente al mondo. Morale: certe fantasie è meglio che restino solo nell’immaginario».

Sedotta da uno schiavo
«È successo così con il mio partner attuale. Twin (di cui parlo anche nel libro) adora i miei giochi di seduzione e, in generale, è molto orgoglioso delle mie idee, di ciò che scrivo, dei miei programmi alla radio e in tv. Dice che dovrei riposarmi di più e lavorare meno. Probabilmente ha ragione: dormo poco e mangio troppa cioccolata, ma quando mi concedo un momento di relax mi piace guardare film classici come Amarcord di Federico Fellini. E lasciarmi ispirare…».

(Pubblicato su Style.it, 2007)

lunedì 10 febbraio 2014

Tara-tantra sex: guida al piacere femminile

Dagli esercizi da fare sola o in coppia alla posizione cult, fino alle zone erogene da tenere d'occhio. Una psicologa tedesca, esperta di tantra, ci conduce alla scoperta di una delle forme meditative più affascinanti. Per valorizzare al massimo la sessualità femminile  

A tu per tu con Christa Schulte

Christa Schulte, psicologa, vive a Brema, dove dirige un centro di psicoterapia femminile. Studiosa del Tantra, ha sviluppato una sua teoria per lo sviluppo della sessualità femminile. Ne parla nel libro: Tantric Sex for Women (A guide for lesbian, bi, hetero and solo lovers), pubblicato da Hunter House. L'abbiamo intervistata. 

Il sesso tantrico è considerato una delle esperienze erotiche più affascinanti. Cosa lo rende così speciale?
«Il fatto di basarsi sul massimo prolungamento della sensazione del piacere e non su un rapido raggiungimento dell'orgasmo. Aumentando la durata dell'atto sessuale, poi, aumenta anche la possibilità di visualizzare immagini cariche di sensualità (le cosiddette fantasie erotiche) una sorta di "cinema privato" che aiuta a intensificare il piacere».

Cosa regala in più all'eros?
«Il principio alla base del tantra è "rilassarsi durante l'eccitazione". Sembra una contraddizione, ma non lo è: imparare ad alternare momenti di rilassamento a momenti di eccitazione è il segreto per potenziare l'eros. La parola Tantra, infatti, significa "tela finissima". È la "trama" che unisce tutti i fili dell'ordito. Allo stesso modo, il tantra unisce il respiro e la miriade di sensazioni positive e negative che percepiamo nell'eros. Il senso di benessere che deriva da questa esperienza viene condiviso con chi ci sta accanto, liberandoci dalla "prigione" della individualità e permettendoci di sperimentare la fusione con ciò che ci circonda».

Lei ha sviluppato una sua teoria per lo sviluppo della sessualità femminile: il tara-tantra. Di cosa si tratta?
«Faccio una premessa: il tantra è nato in India allo scopo di raggiungere la consapevolezza attraverso la sensualità. Tuttavia, questo splendido complesso di esercizi, massaggi e meditazione è stato fortemente influenzato dalla cornice patriarcale, basandosi su presupposti più maschili che femminili. Questo mi ha portato a sviluppare un Tantra centrato sulla donna, che ho soprannominato appunto Tara-tantra, perché Tara è "la donna libera che nuota verso l'altra sponda", la dea della femminilità che impersona le qualità necessarie alle donne per sperimentare la libertà e la gioia di condividere la loro sessualità. Il principio alla base del tara-tantra è l'appagamento dei sensi attraverso la propria energia sessuale e la trasformazione di tale forza in energia spirituale. Solo così, si arriverà alla fusione con il mondo, alla comprensione del significato dell'esistenza, alla ricchezza spirituale».

Nel suo libro sul sesso tantrico, lei propone esercizi "su misura", a seconda della personalità e dell'umore. Ci fa qualche esempio? 
«Le donne sono diverse fra loro e hanno bisogni diversi. Mi piace l'idea di rispettare la molteplicità di esperienze e desideri femminili. Per esempio, chi fa parte di quel 25 per cento di donne che tende ad avere un orgasmo implosivi, di sicuro non trarrà giovamento da esercizi con forti movimenti pelvici. Al contrario, il dolce flusso di estasi potrà esprimersi meglio in movimenti sinuosi, come quelli di un serpente. Ecco quindi, l'idea di suggerire esercizi mirati a seconda di come una donna esprime la propria sessualità».

Come si eseguono gli esercizi di sesso tantrico "al femminile"?
«In uno spazio riservato, in un'atmosfera serena e ricca di creatività, si inizia a liberare la propria energia sessuale, lavorando con il corpo, il respiro, i massaggi e il contatto con le zone erogene. Bisogna imparare, poco alla volta, a gestire questa energia, trattenendola, direzionandola, lasciandola fluire. Per una donna, è molto importante imparare a riconoscere la propria energia sessuale. Per poterla apprezzare e mettere in contatto con se stessa e con gli altri».

Quali sono le zone erogene femminili per eccellenza?
«Quando una donna è fortemente eccitata, tutto il corpo diventa una zona erogena. Quando lo è a metà, i punti "caldi" sono le labbra, l'interno delle orecchie, il collo, l'interno delle braccia, le ascelle, i capezzoli, i fianchi, la parte che sovrasta l'ombelico, il monte di Venere, l'inguine, il clitoride, il punto-G, l'ano, l'interno delle cosce, le ginocchia, gli alluci. Quando, infine, non è eccitata o lo è pochissimo, la zona erogena più importante è la testa. Da stimolare al meglio con complimenti, immagini, fantasie e, ovviamente, sincere dichiarazioni d'amore».

(pubblicato su Style.it, 2006)

lunedì 3 febbraio 2014

«Per i fumetti erotici mi ispiro alle confidenze delle amiche»

Come nasce un fumetto erotico? E cosa cambia se l’autrice è una donna? La disegnatrice romana Cristina Fabris racconta la genesi dei suoi lavori. In cinque step


Sulle orme di Crepax e Manara
37 anni, romana, Cristina Fabris è attualmente una delle firme più note del fumetto erotico. I suoi disegni, diffusi anche all’estero, raccontano storie fetish, sadomaso, omosex, portando in primo piano le sfaccettature dell’eros femminile, con tocchi di romanticismo e ironia. «La passione per il disegno c’è sempre stata, fin da bambina. Nel tempo mi sono avvicinata a Crepax, Corto Maltese, Milo Manara, e ho capito che non c’erano solo letture come Il diavolo in corpo o film come Ultimo tango a Parigi a darmi sensazioni forti. La Scuola Romana del Fumetto e insegnanti come Massimo Rotundo (Ex Libris Eroticis) hanno poi fatto il resto».



Regola n.1: definire l' erotismo
«La definizione di erotismo è ampia. Per me è desiderio, desiderio liquido, che si può manifestare in forme differenti. Come potenziale fonte di soddisfazione del piacere o, appunto, mediante l'immaginazione. Attraverso i disegni, mi piace sviluppare il gusto della provocazione e, perché no, scandalizzare chi non mi conosce!».

Regola n. 2: mai dare l'eros per scontato
«Il fumetto è un genere di lettura speciale, con una marcia in più: l'immediatezza dell'immagine. L’aspetto più difficile di questo lavoro è però riuscire a creare una storia credibile, partendo da una sceneggiatura. È facile pensare infatti che il sesso basti di per sé a raccontare, ma non è così: bisogna sforzarsi di capire il gusto del lettore. La vera sfida è riuscire a coinvolgerlo».

Regola n. 3: il lettore è (anche) donna
«È un dato di fatto: i lettori del genere sono soprattutto uomini. Ma cominciano a esserci anche donne che vogliono vivere la propria sessualità in modo più autonomo e cosciente. È un aspetto da tenere presente».

Regola n. 4: ispirarsi alla realtà
«Come creare una storia o inventare un personaggio? A me capita di prendere spunto dalla vita di tutti i giorni, dai racconti delle amiche, dalle loro fantasie, dai libri, dai film, da quello che penso possa solleticare i miei sensi... e quindi quelli di un ipotetico lettore».

Regola n. 5: provocare, con stile
«Il trucco è provocare, disegnare le posizioni più disparate, creare immagini forti ma stando attenti a non scadere nella volgarità (se di volgarità si può parlare, visto che fra due adulti consenzienti per me non esistono limiti!). Spingersi quindi al top dell'estetica, al limite del sesso, scatenando la fantasia sul foglio».

Chiudi gli occhi, the erotic art book
L’ultima pubblicazione di Cristina Fabris è Chiudi gli occhi (Purple Press, 18 euro), un volume che raccoglie le illustrazioni pubblicate nel corso degli anni in Italia, Francia, Olanda e Stati Uniti, oltre a bozzetti, sketches e disegni inediti.
«Cosa avrei fatto se non fossi diventata una fumettista hard? Sarei una chef di alta gastronomia! Mi piace cucinare e presentare piatti belli da vedere, oltre che buoni da gustare».

(Pubblicato su Style.it, 2008 - foto the Perky-Pat Paper Dolls by Cristina Fabris)

mercoledì 29 gennaio 2014

Joan Sinclair: «Io, donna, vi racconto i sex club giapponesi»

Fotografa e avvocato, Joan Sinclair ha trascorso un anno in Giappone per scoprire il mondo super esclusivo dei Sex Club. Il suo reportage lo ha raccolto nel libro Pink Box. L’abbiamo intervistata. Ecco cosa ci ha raccontato della sua esperienza


Benvenuti nella Sex Fantasy Island
Esiste un luogo, nel mondo, dove alcune delle fantasie erotiche più comuni possono trasformarsi in realtà. Una “fantasy island” del sesso, dove si realizzano sogni hard e giochi di trasgressione e dove anche perversioni insolite possono essere accontentate senza sguardi indiscreti. Previo pagamento, s’intende. Perché tutto ciò accade nei sofisticatissimi e intriganti Sex Club giapponesi, luoghi regolarmente frequentati da manager, professionisti, clienti business, che contribuiscono a rendere l’industria del sesso la seconda del Paese per volume d’affari dopo quella delle automobili. Ecco, quindi, finti coffee-shop dove le cameriere girano nude sotto il grembiule (e su pavimenti a specchio), riproduzioni di vagoni della metropolitana affollati di studentesse, stanze da bagno versione harem, camere-aereo con hostess in divisa per un eros “ad alta quota”. E tante, tantissime altre ambientazioni e archetipi sessuali destinati a incontrare l’immaginario erotico maschile. Per la prima volta, un occhio occidentale è riuscito a entrare e fotografare il mondo esclusivissimo dei Sex Club. Joan Sinclair, fotografa e avvocato di San Francisco, ha infatti trascorso un anno nel Paese del Sol Levante per testimoniare cosa davvero succede dentro i celebri club. Il risultato del reportage è il libro Pink Box. Ecco cosa racconta della sua esperienza.

Com’è nata l’idea di fotografare i Sex Club?
«L’industria del sesso è la seconda tra le più grandi del Paese, dopo quella delle automobili. E’ un’importante parte della cultura giapponese che viene ignorata. Dieci anni fa, quando insegnavo inglese a Tokyo, ho captato un discorso su questi strip club e un amico mi portò a fare un giro di Kabukicho, il distretto a luci rosse più grande della città. Rimasi di stucco! C’erano club a forma di treno con donne pendolari “palpeggiabili”. E ospedali finti, dove i clienti si sdraiavano in un letto per essere accuditi da infermiere prive di lingerie. C’erano uffici per le molestie sul lavoro, dove gli uomini potevano abbassare gli slip alle “segretarie”. Ritornai in California e inizia la mia carriera di avvocato. Ma non ho mai dimenticato questi club. E a distanza di dieci anni sono tornata per realizzare questo reportage».

Fotografa, donna e Occidentale: non deve essere stato facile per lei introdursi in certi luoghi…
«Infatti non lo è stato. La privacy delle donne che vi lavorano è difesa al massimo. In ogni caso, ho tentato di imparare lo slang del giro e di avvicinarmi attraverso più direzioni. Ho cercato di conoscere i gestori, i clienti, le donne e anche chi si occupava della pubblicità. In Giappone questi club sono un business molto serio, c’è una grande concorrenza, si spendono montagne di soldi per pubblicità in riviste patinate che altro non sono che una guida all’industria del sesso».

Com’è riuscita alla fine a convincere i gestori?
«Il più delle volte riuscivo a entrare insieme a un cliente fisso e una delle ragazze. Indossavo un tailleur e avrei comunque portato regali e una business card. In Giappone, la presentazione formale da parte di qualcuno che è già introdotto è molto importante, anche perché quasi nessuno di questi club consente l’ingresso a stranieri, neanche se parlano giapponese. Gli stranieri, secondo loro, non comprendono le regole, che sono effettivamente molte. Spaventano i clienti giapponesi. Si lamentano troppo. Non riescono a capirsi bene con le donne, quando queste non sono a loro agio. E poi potrebbero avere l’Aids».

Com’è possibile che in Giappone l’industria dell’eros sia così diffusa?
«Dipende da vari elementi: il fatto che sia un’industria vecchia di 400 anni, la mancanza di una filosofia cristiana, il bisogno di libertà in una società che ha vincoli molto stretti, l’enfasi sull’apprezzamento dei clienti, un insieme di leggi così complesse da rendere tale business virtualmente legale».

Cosa rende così popolari i travestimenti e le fantasy room?
«In Giappone, le uniformi scolastiche e aziendali sono ampiamente usate. Il livello sociale delle persone si individua al volo da ciò che indossano. Club come questi permettono di rompere le regole sociali, usando archetipi quotidiani che possono rappresentare dei “frutti proibiti”: la studentessa, la segretaria pendolare, la donna qualunque…».

Pink Box: perché ha scelto questo titolo per il suo libro?
«In Giappone, la parola “rosa” è un eufemismo commerciale per indicare il sesso, il corrispettivo giapponese del nostro “luci rosse”. Pink Box, in particolare, è una stanza da ballo privata nel retro di uno dei sex club più famosi di Osaka. Ho fatto una foto a due ragazze illuminate da una luce rosa dentro questa stanza. Era davvero bella, e così deciso di usarla per il titolo del libro».


(Pubblicato su Style.it, 2007 - Foto: Joan Sinclair - Green Gel Play, Osaka)