martedì 14 luglio 2015

Bondage: l’essenza, l’obiettivo, la sicurezza

La sensualità è anche un fatto di “giuste corde”, di legami speciali, di strette connessioni. Come quelle che si instaurano tra i corpi (e le menti) nella pratica del bondage e dello shibari, la sua versione giapponese. Ma come essere certi di eseguire le legature in modo sicuro e senza correre rischi? C’è una nuova guida on line elaborata da La Quarta Corda di Firenze



Lady Gaga fotografata da Nobuyoshi Araki
Fiducia, confidenza, intimità. Ma soprattutto: abilità, prudenza e competenza. Sono alcuni degli elementi chiave di una pratica - quella del bondage - che nell’immaginario erotico collettivo è sempre più diffusa. Non sempre, però, in modo sano e appropriato. La scarsa informazione sul fronte della sicurezza rende bondage e shibari – la sua versione giapponese – un possibile rischio se lo si esercita improvvisando e al tempo stesso un cliché di presunta pericolosità se non lo si conosce e ci si affida a molti luoghi comuni alimentati in molti casi dai media.

Al di là dell’aspetto estremo di questa pratica, che ha origini molto antiche – era il metodo usato dai guerrieri giapponesi e dai samurai per legare e bloccare i prigionieri, ripreso poi in chiave sensuale nel teatro kabuki e nelle immagini delle stampe ukiyo-e – il bondage non è necessariamente associabile all’atto sessuale in sé, ma può rappresentare un modo “alternativo” per creare un’atmosfera sensuale durante i preliminari o un gioco all'interno della coppia che stimola i sensi è l’immaginazione. Il piacere, in questo caso, per chi si lascia legare consiste nell’emozione che si prova nel donarsi a un’altra persona e per chi lega, nel ricevere in dono la libertà e la fiducia di un’altra persona e prendersene cura.

«In questo senso, potremmo considerare il bondage un "arricchimento" per la sessualità», spiega Andrea de La Quarta Corda, rigger professionista e insegnante di shibari. «È una pratica che ti fa entrare in contatto con l’altro in un modo diverso dal solito. L’immobilizzare e l’essere immobilizzati mette infatti in atto dei meccanismi profondi che ci toccano in maniera particolare; ad esempio per chi viene legato cedere parte della propria libertà ed essere immobilizzato e controllato da un’altra persona significa darsi il permesso di abbandonarsi all’altro, di mostrarsi vulnerabile e di riscoprire insieme una sensualità a volte dimenticata, fatta di vicinanza, lentezza, intimità».

Qual è “il bello del bondage”?
«ll bondage fa riferimento ad un’idea di sessualità dalle mille sfaccettature, più ampia di quella a cui siamo abituati a pensare, in un misto di erotismo, affettività, abbandono, controllo, piacere visivo, sensazioni tattili, immobilizzazione, libertà. Il bello del bondage è che ognuno può trovare la dimensione che gli è più congeniale: legare, essere legati, preferire un approccio deciso o dolce, energico o carezzevole. Può piacere oppure no, ma il bondage non è qualcosa di negativo o violento, come spesso lo presentano i media; non significa ridurre il sesso a questa unica attività ma aumentare le possibilità di gioco all’interno della coppia».

Foto di Nobuyoshi Araki
Che differenza c'è tra bondage occidentale e shibari, la versione giapponese?
«Sono due modi di legare diversi. Oltre a tecniche differenti lo shibari ha criteri estetici più complessi del bondage occidentale. Non solo: il bondage giapponese dà estrema importanza a elementi – emotivi e emozionali – poco appariscenti, ma che fanno la differenza tra una legatura intensa e una banale, come la connessione energetica tra chi lega e chi viene legato, l’aspetto della sofferenza e dell’imbarazzo, l’empatia. Nello shibari l’importante non è la legatura finale, ma il cammino che si è compiuto insieme per realizzarla».

Quanto interesse si riscontra attualmente per queste pratiche?
«Molto. Ai miei corsi arrivano coppie di ogni età, sesso e orientamento sessuale. La coppia più giovane che ho incontrato aveva una ventina d’anni mentre dal versante opposto ho avuto anche una coppia di sessantacinquenni. Ho incontrato quasi sempre persone piacevoli e l’atmosfera che si crea a lezione è sempre molto informale e accogliente. Purtroppo, in Italia non c’è molta cultura a questo proposito e se da una parte l’argomento bondage è sulla bocca di tutte ed è ormai stato sdoganato, dall’altro manca ancora una conoscenza più approfondita che permetta di capire se una legatura è fatta bene oppure no o di poter apprezzare i particolari stilistici di una foto o di una performance, senza prendere per buono tutto quello che si vede».

La Quarta Corda ha pubblicato una versione aggiornata delle “Linee guida sulla sicurezza nel bondage”. È importante conoscerne bene i rischi sin dall’inizio oppure il gioco diventa pericoloso solo quando si affrontano pratiche più complesse?
«Ho preparato questo libretto proprio per fornire alcune importanti informazioni soprattutto a chi muove i primi passi nel bondage; è forse l’unica risorsa in italiano così completa e per chi fosse interessato è disponibile gratuitamente a questo link: http://www.laquartacorda.it/sicurezza.pdf
È fondamentale infatti conoscere e mettere in atto le regole di sicurezza sin dai primi passi con le corde, quando si fanno cose più semplici ma si è anche meno esperti. Tutte le attività umane hanno dei rischi, soprattutto se affrontate in maniera irresponsabile o improvvisata; con le corde sono successi degli imprevisti anche con legature di livello base perché ad esempio chi legava non sapeva che una corda messa in un certo modo poteva comprimere significativamente un nervo.
Non si tratta di fare dell’allarmismo: in fondo informarsi sulla sicurezza ed essere responsabili non richiede sforzo e mette al sicuro da incidenti, rendendo anche il gioco più piacevole!».

Qualche esempio di approccio iniziale sbagliato?
«A volte vedo persone che senza la necessaria esperienza si mettono a fare sospensioni anche complesse, allievi che dopo qualche ora di lezione pensano di poter fare performance o addirittura di tenere corsi, autodidatti che studiano solo su tutorial online; tutto questo oltre ad aumentare il rischio di incidenti fa sì che il livello qualitativo rimanga basso».

Foto di Nobuyoshi Araki
Quanto impegno richiede imparare questa pratica? Un solo workshop può essere sufficiente?
«In un workshop base si imparano le legature fondamentali e con esse ci si può già divertire a lungo; se poi si vuole proseguire il proprio cammino di scoperta del bondage giapponese si possono frequentare corsi intermedi o avanzati. Come in tutte le cose non si finisce mai di imparare. Quello che però più conta è la pratica regolare, le prove, il gioco, la ricerca di informazioni online o su libri, la partecipazione ad eventi; se si va ad un corso e poi non si toccano più le corde è completamente inutile averlo fatto!».

Prossimi appuntamenti in programma?
«I workshop organizzati dall’associazione riprenderanno dopo l’estate con Firenze, Torino, Genova, Padova e Rimini. Ma c’è anche una speciale collaborazione con La Valigia Rossa, progetto tutto al femminile che organizza eventi e riunioni private in cui parlare di benessere sessuale per la donna e per la coppia. Tra i prodotti che vengono presentati c’è anche la possibilità di prenotare una lezione privata di shibari con La quarta corda. Il progetto prevede inoltre di organizzare incontri e corsi in diverse città d’Italia per diffondere il bondage giapponese. Quando dicevo che può essere inteso come un “arricchimento della coppia” intendevo anche questo: può essere utile e importante mostrare la bellezza del “fare corde” e trasmettere l’idea che lo shibari non sia uno spettacolo da circo, ma una passione da affrontare con impegno e che può dare molto a chi la pratica».

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